Il Santo Calice della Cattedrale di Valencia


“Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede ai suoi discepoli dicendo: "Prendete e bevetene tutti, questo è il mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati."
(Matteo 26, 27-28)











Il termine Graal è tratto dal romanzo “Perceval” dello scrittore francese Chretien de Troyes che morì nel 1190, prima di completare l'opera. In essa, un giovane cavaliere visita il castello del Re Pescatore dove assiste ad una strana processione nella quale è presente un oggetto sacro chiamato "Graal". Nella processione vede anche un ragazzo che trasporta una lancia dalla punta insanguinata, probabilmente un riferimento alla lancia che ferì il costato di Gesù sulla croce (Giovanni 19, 34) e perciò si finì col collegare anche il Graal con un oggetto della Passione. Poiché la storia non fu mai finita, è impossibile sapere cosa intendesse l'autore.
Questa storia incompleta divenne la fonte da cui attinsero numerosi autori che si riproposero di completarla. Le due opere più famose così ottenute sono il “Parzival”, del poeta tedesco del XIII secolo Wolfram von Eschenbach, e “Joseph d'Arimathe” del poeta francese Robert de Boron, il quale scrisse alla fine del XII secolo e fu il primo autore a sostenere che il Graal si potesse identificare con un oggetto usato nell'Ultima Cena. Egli scrisse che la coppa fu trasportata da Gerusalemme in "terra in Occidente" (forse la Gran Bretagna) dove divenne il fulcro della leggenda di Re Artù.
Il termine usato dai fedeli cristiani per indicare la coppa utilizzata da Gesù Cristo durante la Ultima Cena è “Calice”, per questo parleremo di Calice e non di Graal, anche se in un determinato momento di questa spiegazione la leggenda del Graal viaggia in parallelo con la Storia del Calice.



Secondo lo studio intitolato “Il Santo Calice della Cattedrale di Valencia”, basato su numerose fonti archeologiche e documenti antichissimi e portato a termine nel 1984 sotto la guida autorevole del Professore d'Archeologia dell'Università di Saragozza Antonio Beltrán, la reliquia venerata dai fedeli cristiani nella Cattedrale di Valencia potrebbe essere la coppa originale utilizzata da Gesù Cristo nella sua Ultima Cena.
A questa stessa conclusione sono arrivati anche diversi altri studiosi, come la scrittrice e investigatrice americana Janice Bennet e lo scrittore e critico d'arte italiano Alfredo Maria Barbagallo autore dello studio “San Lorenzo e il Santo Graal”.




Secondo tutti questi studi la vera reliquia venerata dai fedeli è la ciotola di agata levigata situata nella parte superiore del Calice. L'agata è un tipo di quarzo che, quando presenta venature chiare e scure, prende il nome generico di onice; in questo caso ancor più specifico, perchè caratterizzato da venature a forma di fiamma, viene detto “corniola orientale”. Secondo gli esperti, come il famoso archeologo inglese Shimon Gibson, questa tazza, proprio per il tipo di minerale utilizzato e le caratteristiche della forma, fu prodotta in un laboratorio di un paese del Medio Oriente come Palestina, Siria o Egitto verso la fine del I secolo a.C. e veniva utilizzata nei banchetti di cerimonie importanti.
La montatura d'oro e le pietre preziose risalgono alla fine del Medioevo (XIII o XIV secolo).




corniola orientale



Dopo la morte di Cristo, questa ciotola, utilizzata durante l'ultima cena, viene portata a Roma da San Pietro e protetta dai cristiani per più di due secoli, fino all'impero di Valeriano, quando, intorno all'anno 250 d.C., ci fu una delle persecuzioni cristiane più dure; quindi San Lorenzo, che in quel momento incaricato di proteggere la santa reliquia, fugge da Roma e la porta con sé nella sua città di nascita, Huesca, sui Pirenei Aragonesi.
Durante i cinque secoli di dominazione mussulmana, il Santo Calice viene nascosto e protetto in diverse località dei Pirenei, di monastero in monastero, fino ad arrivare in uno dei monasteri più importanti del regno aragonese, San Juan della Peña, dove tutt'oggi nella biblioteca si trova un antico manoscritto nel quale si cita la presenza di questo prezioso calice fatto di pietra.
Il meraviglioso Monastero San Juan de la Peña sui Pirenei Aragonesi rappresenta il punto d'unione tra leggenda e storia.

Hitler era ossessionato dall'idea del Santo Calice, dal potere e dal prestigio di una reliquia così importante. Hitler credeva che esistessero legami di sangue tra Gesù Cristo e i Tedeschi. Riteneva inoltre che, possedendo il Santo Calice, avrebbe avuto poteri soprannaturali e la certezza di vincere la guerra. I nazisti più anziani credevano che il Santo Calice fosse nascosto in Spagna e che gli indizi sul luogo si potessero cercare in una delle opere wagneriane più amate da Hitler, il “Parsifal”.

Wagner s'ispirò per quest'opera al poema epico tedesco “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, del XIII secolo. Secondo questa leggenda il Graal veniva custodito in un castello chiamato Mont Salvage, modificato da Wagner in Montsalvat.
Il capo delle SS Heinrich Himmler visitò il monastero benedettino di Santa Maria di Montserrat (in Catalogna) nel 1940, alla ricerca del leggendario Graal o Santo Calice per i fedeli, credendo che si potesse trattare di Montsalvat descritto nell'opera di Wagner. Inutile dire che i nazisti non trovarono mai il Santo Calice.

Lo scrittore tedesco Michael Hesemann ha pubblicato molti libri sulle sacre reliquie ed anche lui è convinto che nel libro “Parzival” di Wolfram von Eschenbach si possano trovare degli indizi.
Secondo la teoria di Hesemann i nazisti stavano cercando in un posto sbagliato; la sua ricerca lo ha condotto al vero castello di Mont Salvage, infatti esiste nei Pirenei Aragonesi una montagna che nel Medioevo veniva chiamata in latino Mons Salvatoris (attuale San Salvador), trasformato nella lingua parlata dai locali nel XII secolo in Mont Salvatge.

Nel “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, in più di un'occasione il Graal viene definito come “la pietra”; Hesemann ritiene che questo potrebbe essere un riferimento al materiale del calice di Valencia. Sempre nella stessa opera inoltre si possono leggere delle frasi indicative:
….esistono molti eremi attorno al castello che custodiva il Santo Graal..... …. si vedeva una parete rocciosa ed il castello si ergeva proprio di fronte a quella parete.... ... nella piccola cappella era custodita la reliquia del Santo Graal.... ...la processione saliva le scale ed entrava nella chiesa.... ... il fratello mussulmano di Parzival è stato battezzato con acqua viva (che può significare acqua corrente).... In questo modo il “Parzival”di Wolfram von Eschenbach diventa una mappa del tesoro e seguendo tutte le informazioni topografiche e geografiche contenute nel libro è possibile trovare il luogo dove è stato custodito il Santo Calice.

Il monastero medievale di San Juan della Peña si trova proprio nella montagna di San Salvador (antico Mons Salvatoris), si erge proprio di fronte ad una parete rocciosa ed è circondato da numerosi eremi. Al suo interno c'è un' antica chiesa di stile mozarabico con una cappella nascosta, raggiungibile solo scendendo delle scale; nella cappella, dalla morfologia della roccia in un punto della parete, si può dedurre che in passato ci fosse una piccola cascata d'acqua. Questa cappella era un nascondiglio perfetto per il Santo Graal. Praticamente vi si ritrovano tutti gli indizi presenti nel “Parzival” di Wolfram von Eschenbach.... coincidenze?

Monastero medievale di San Juan de la Peña



Nel 1399, come citato nel manoscritto che si trovava nella biblioteca del monastero di San Juan de la Peña, la reliquia fu donata dai monaci al re di Aragona Martino I detto l' Umano, fervido cristiano, amante dell'arte e della storia, che conservò il Santo Calice nel Palazzo Reale della Alfajería di Saragozza e in seguito nel Palazzo Reale di Barcellona. In questo periodo la reliquia venne adattata in una struttura con maniglie laterali tutta fatta d'oro e arricchita di pietre preziose: la sacra ciotola di pietra, svelando la sua importanza, venne così onorata adeguatamente.
Intorno al 1424, Alfonso V il Magnanimo fece trasferire il Santo Calice nel Palazzo Reale di Valencia, la sua città prediletta, e in seguito lo donò insieme ad altre reliquie alla Cattedrale della città, dove si sposó nel 1437.

I papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, durante la loro visita a Valencia, rispettivamente nel 1982 e nel 2006, celebrarono la messa principale nella Cattedrale di Valencia e durante il momento dell'Eucarestia utilizzarono il Santo Calice.

Guido Boni

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